Mercoledì 7 novembre riusciamo finalmente a far coincidere tutto, alle 14 e 30 siamo a casa di Gianni, un caloroso saluto, si carica e si parte.
Nel viaggio si scherza, si parla di pesca, si azzarda qualche previsione su cosa potremmo trovarci davanti una volta arrivati a destinazione.
Ascoltare Gianni è qualcosa di magico, anche i suoi silenzi parlano, come se fossero pause di una sinfonia che ti trascina verso tempi lontani, nel suo volto solchi scavati dalla salsedine, un volto modellato da migliaia di ore passate in mezzo alle intemperie, come antichi graniti levigati dalle onde, occhi dove è ancora riflesso il colore del mare, occhi che hanno stampati il quadro di imprese indimenticabili e che ancora vogliono vedere lontano, insaziabii di emozioni, di albe e di tramonti, di viaggi verso mete infinite, occhi da i quali ancora trasuda l'entusiasmo e la passione di un adolescente.
Un viaggio di un'ora che sembra essere durato pochi minuti, siamo prossimi alla meta, ma prima tappa obbligatoria alla vedetta, dal quale si ammira l'immensità di un paesaggio quasi surreale nella sua imponente monumentalità.



Si combatte, Daniele spiaggia un saraghetto che torna libero a sguazzare tra i marosi, il vento è in rotazione, più tardi dovremmo trovarlo alle spalle, ma stenta a ruotare completamente e si trattiene grecale, il mare si equilibria e la secondaria irrompe, una laterale potente come un fiume in piena travolge i coni da 200 che viaggiano inermi in balia della corrente, l'azione di pesca diventa stentosa, ci limita a lavorare con una sola canna, Gianni risolve con un cono da 300 che se non altro gli permette uno scarroccio più gestibile, la scelta paga, un sarago ha deciso di cedere al richiamo di un doppio gambero su short alto.
Per cavare qualche pesce è necessario preservare il complesso pescante, anche pochi minuti possono fare la differenza, a nulla vale il tentativo di effettuare qualche spostamento, inoltre un ospite indesiderato decide di farci compagnia piazzandosi a due passi dalle nostre canne sulla nostra destra, unico punto in cui si sarebbe riuscito ad allungare l'azione di pesca forse grazie all'effetto deviante dato dalle rovine di un antico molo in pietra che creavano un piccolo specchio leggermente più riparato dalla laterale che proveniva proprio da quella direzione.
Ogni minuto in pesca in queste condizioni può voler dire pesce e questo Giovanni lo sa molto bene, quei pochi pesci sono stati fatti da lui ed è giusto sia così, vederlo all'opera per noi vale già quanto un carniere, per Gianni è arrivata l'ora del suo abituale riposino, mentre lui si concede rannicchiato sotto l'ombrellone all'abbraccio di Morfeo, noi continuiamo a tribolare, il mare intanto si regolarizza, i ritmi si fanno meno frenetici, Daniele spiaggia un altro saraghetto, ha ingoiato e per lui non ci sarà niente da fare; finalmente il mare respira, l'ospite indesiderato leva finalmente le tende e noi approfittiamo per spostarci nei pressi del molo, dove come previsto si sta agevolmente in pesca, tanto che riusciamo ad allegerire le zavorre da 200 a 150 grammi.

Slama, innesca e ritorna a sonnecchiare, alle 4:30 ,come da lui richiesto, gli diamo la sveglia, il viaggio è lungo e alle 7 monta a lavoro, ci confida poi che dopo il lavoro tornerà poi a pesca in un'altra spiaggia (indistruttibile)

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